Le alghe restauratrici
Le molte proprietà delle alghe le rendono perfette anche in ambiti dove non siamo abituati a trovarle. Grazie allo studio della tradizione e all’analisi scientifica delle componenti di queste piante è infatti possibile trovare alghe marine per ogni applicazione.
Al recente Salone dell’Arte e del Restauro di Firenze si è infatti parlato molto di biorestauro, una tecnica che prevede l’utilizzo di materiali naturali al posto dei composti chimici per ripulire e consolidare opere d’arte di vario genere. I vantaggi di questa tecnica rispetto a quelle normalmente utilizzate sono di selettività dell’intervento, sicurezza per l’opera d’arte e per l’operatore, basso costo e ridotto impatto ambientale; una alternativa green che viene dalla natura e non danneggia in alcun modo.
Una delle possibilità del biorestauro è l’utilizzo del Funori, un’alga rossa che cresce sulle coste di Giappone, Cina e Corea, da sempre utilizzata in oriente per consolidare i manufatti cartacei antichi e i tessuti. Grazie a quest’alga è possibile un restauro che non aggredisce il materiale e comporta allo stesso tempo una maggior resistenza a muffe e umidità nel tempo.
Quest’alga è in grado, una volta disciolta in acqua calda, di formare un gel simile all’Agar Agar, già in concentrazioni molto basse dello 0,5-1%; una volta seccato poi forma un sottile strato flessibile e opaco che protegge il materiale sottostante adattandosi ai movimenti di quest’ultimo, riuscendo al contempo ad esaltare le tinte che protegge grazie al suo buon grado di opacità. Queste sue capacità sono note fin dall’antichità in oriente, dove viene coltivato a questi scopi dal Seicento.
La vera novità è però la recente scoperta del suo possibile utilizzo anche su manufatti pittorici murali, cioè gli affreschi; è stato infatti recentemente completato il restauro della Galleria delle Carte Geografiche dei Musei Vaticani proprio grazie a questa tecnica. La galleria, un vero e proprio capolavoro del tardo rinascimento, è lunga 120 metri ed è stato necessario trovare un materiale adatto per restaurare una superficie così ampia senza danneggiare i colori sgargianti dell’opera; per questo i restauratori coinvolti hanno dovuto studiare una soluzione ad hoc, visto il tradizionale utilizzo dell’alga Funori e il suo elevato costo.
Dopo lunghe ricerche è stato infatti possibile utilizzare questo materiale, opportunamente modificato, con tecnica a spruzzo e molto diluito; un’altra importantissima scoperta ha portato a trovare delle alghe dalle simili proprietà nel mare di Tarquinia e Civitavecchia.
In futuro dunque vedremo molte opere d’arte ricoperte di alghe, non perché dimenticate a lungo nei fondali marini, ma piuttosto perché opportunamente restaurate da mani sapienti!
Fonti: artemagazine.it; cameo.mfa.org; acistampa.com